Commento al Vangelo della Domenica

Commento alle Letture della Messa della Domenica

2^ domenica Avvento 07.12.2025

Il cuore che il deserto risveglia

Ogni seconda domenica di Avvento la liturgia ci invita a incontrare Giovanni il Battista, il precursore che prepara il cuore dell’umanità alla venuta del Signore. Per descriverlo, gli evangelisti richiamano le parole di Isaia (40,3): «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore». Quel versetto, nato per consolare gli esuli di Babilonia e annunciare il ritorno di Dio al suo popolo, diventa per Giovanni la chiave della sua esistenza. L’ha meditato a lungo, fino a riconoscervi la propria vocazione: essere voce, non protagonista; essere colui che avverte, orienta, scuote, e indica che il tempo della salvezza è ormai vicino.

Il Battista non è un personaggio facile da accogliere. Ha i tratti di uno che non cerca consenso: essenziale, radicale, quasi scolpito dal vento del deserto. Il confronto con Gesù mette in luce differenze evidenti. Giovanni sceglie la solitudine; Gesù attraversa villaggi e città. Giovanni vive di austerità; Gesù entra nelle case, siede a mensa con i peccatori. Giovanni parla del giudizio; Gesù annuncia una buona notizia che apre alla speranza.

Eppure Giovanni continua a esercitare un singolare fascino. Forse perché non edulcora il messaggio, non annacqua la verità per renderla sopportabile. In un tempo in cui spesso si evitano parole che disturbano, egli osa parlare alla coscienza. Non accarezza, risveglia. Ma il suo sguardo penetrante non si ferma alle situazioni più fragili. Anzi, le parole più taglienti le riserva a chi si rifugia dietro le proprie sicurezze religiose: «Non dite: abbiamo Abramo per padre. Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre». È un avvertimento che ci riguarda. Non bastano riti, tradizioni o abitudini per sentirsi al riparo. Senza una reale conversione interiore, anche le pietre potrebbero essere più pronte di noi ad accogliere lo Spirito, che non si lascia imbrigliare dalle nostre garanzie esteriori.

Viene spontaneo domandarsi quale fosse il giudizio di Gesù su Giovanni. I Vangeli lasciano trasparire ammirazione: Gesù apprezza la forza della sua testimonianza, la coerenza, la passione per la verità. Non a caso inizia la sua predicazione con lo stesso invito: «Convertitevi». Ma fra i due c’è una differenza decisiva. Giovanni descrive un Dio che si avvicina per compiere un giudizio; Gesù rivela un Dio che si avvicina per offrire salvezza. Non perché ignori la gravità del male, ma perché mette al centro la misericordia: non è lo sforzo che apre la strada all’incontro con Dio, è l’incontro con Dio che rende possibile una vita nuova. La conversione non è un’impresa eroica, è la risposta a un amore che sorprende e precede. Questo è il primo movimento della fede: lasciarsi raggiungere da un Dio che non resta lontano, che non misura dall’alto, ma si fa compagno, incoraggiamento, pace.

In Avvento, la Chiesa è chiamata ad annunciare questo, non ad aggiungere pesi sulle spalle già stanche, né a unirsi al coro di chi condanna e recrimina, ma a mostrare il volto luminoso di un Dio che desidera la nostra rinascita. Il Battista ci libera dalla sonnolenza del cuore, ci prepara all’incontro. Ma è Gesù che porta a compimento il sogno di Dio: un amore che trascina fuori dalle paure, rinnova la vita e apre strade inattese.                                                          don Gianni Carozza, sacerdote e biblista

Commento alle Letture della Messa

Immacolata Concezione Della Beata Vergine Maria (Anno A) – 8 dicembre 2025

Solennità

Maria, custode dell’armonia perduta

La festa dell’Immacolata ci invita a guardare con sincerità al nostro passato e al nostro futuro. Quando pensiamo al passato, incontriamo quello che la tradizione chiama “peccato originale”: una realtà da cui Maria, in modo unico, è stata preservata. È un tema che nel corso del tempo ha suscitato molte domande: che cosa significa? Perché riguarda tutti? Come possiamo comprenderlo oggi?

La Bibbia, più che darci un racconto preciso di un episodio avvenuto “all’inizio”, ci aiuta a leggere la condizione dell’uomo. Nella storia d’Israele, molte persone di fede hanno riflettuto sulla vita e si sono chieste: perché proviamo paura? Perché la nostra libertà è fragile? Perché ci sono tensioni nelle relazioni, difficoltà nel lavoro, ostilità nella natura? Perché è così difficile vivere in armonia con Dio, con gli altri e con noi stessi?

Il racconto del paradiso terrestre cerca di dare una risposta a queste domande, affermando che non era così all’inizio. Dio aveva pensato per l’uomo una vita serena, limpida, armoniosa. La figura del serpente, che dice «sarete come Dio», indica la radice del problema: l’uomo ha voluto mettersi al posto di Dio, non accettando di essere creatura e di avere dei limiti.

È questo che la tradizione chiama “peccato originale”: non tanto un gesto da collocare in un passato remoto, ma la descrizione della fragilità dell’uomo di ogni tempo, che facilmente si illude di bastare a sé stesso. Le conseguenze di questa rottura si vedono subito: la paura, la fuga, il sospetto, la difficoltà a fidarsi dell’altro, e persino un rapporto più faticoso con la natura, che diventa ostile. Anche il nostro tempo conosce bene queste ferite: pensiamo ai conflitti, alla fatica di comunicare, all’uso sconsiderato delle risorse della terra. In questo contesto risuona la domanda di Dio: «Adamo, dove sei?». È una domanda che Dio rivolge a ogni uomo e a ogni donna: dove sei arrivato? Dove ti sei nascosto? Perché hai paura di me? Non è un rimprovero cattivo, ma il segno di un amore che non si arrende e continua a cercare l’uomo anche quando egli si allontana.

Su questo sfondo comprendiamo meglio la festa dell’Immacolata. Maria è quella porzione della nostra umanità in cui il disordine del peccato non è entrato. Non per un merito o per una qualità personale, ma per un dono di Dio che prepara in lei la venuta del suo Figlio. In Maria vediamo che cosa l’uomo potrebbe essere se si lasciasse totalmente guidare dall’amore di Dio. Il saluto dell’angelo – «Rallégrati, piena di grazia» – ci aiuta a capire tutto il resto. Secondo il testo originale, potremmo tradurre: «Rallégrati, tu che sei immensamente amata». Maria è amata da Dio fin dall’inizio. E questa verità illumina anche la nostra vita. Come ricorda san Paolo, ciascuno di noi è pensato e amato da Dio prima ancora che il mondo esista. L’amore, però, ha bisogno di essere accolto. Maria risponde con il suo “Eccomi”, un sì semplice ma totale, che apre la strada all’ingresso di Dio nel mondo. Se il peccato è un no detto a Dio, la salvezza è un sì. E Maria è la donna del sì, la donna che rende possibile una nuova creazione.

Anche noi siamo chiamati a dire il nostro “Eccomi”: non soltanto a Dio, ma anche alle persone che incontriamo, perché l’amore vero è disponibilità, ascolto, accoglienza. Ogni volta che nasce un sì, anche piccolo, qualcosa della nostra vita cambia, una relazione si ricompone, un percorso si apre, una parte di mondo rifiorisce. Per questo la festa dell’Immacolata non è solo un ricordo del passato, ma una promessa per il futuro: in Maria vediamo ciò che Dio desidera compiere in ciascuno di noi.

don Gianni Carozza, sacerdote e biblista